Wednesday, April 22, 2015

PRESENTAZIONE DEL NUOVO LIBRO DI GIANCARLO SCHIAFFINI (TRAGICOMMEDIA DELL'ASCOLTO)

PRESENTAZIONE DEL NUOVO LIBRO DI GIANCARLO SCHIAFFINI 

TRAGICOMMEDIA DELL'ASCOLTO

                                       Giovedì 23 aprile
                                       alle ore 18.00


                                    Galleria Monty&Company
                                                     Via della Madonna dei Monti 69, 00184 Roma

In occasione del finissage della mostra "Musica preparata" di Massimo Piersanti e Oscar Turco del ciclo SIDE BY SIDE, Irmela Heimbächer è lieta di invitarvi alla presentazione del libro di Giancarlo Schiaffini "Tragicommedia dell'ascolto", che si terrà giovedì 23 aprile alle ore 19.

Presenteranno il volume Alessandra Carlotta Pellegrini e Alípio Carvalho Neto.

Sarà presente l'autore.



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L’arte dell’ascolto: il tháuma akóuesthai (θαύμα ἀκούεσθαι) di Giancarlo Schiaffini


 La Substance est un Être capable d’Action. 
                         Leibniz, La Monadologie 

            Nei miei studi accademici ho avuto l’opportunità di approfondire una lettura sull’importante ruolo che svolge Giancarlo Schiaffini nel panorama italiano come musicista ed educatore. La mia tesi di Dottorato è stata dedicata alla sua musica[1], fondata sull’idea di un sui generis senso della libertà, segnata da una consapevolezza originata dalla sua artisticità e ricerca personale, che avvicinano ed amplificano i territori della composizione e dell’improvvisazione.
La pubblicazione di questo suo nuovo testo serve appunto alla riflessione sull’essenza dell’elemento fondante dell’arte musicale, che può anche essere considerato l’aspetto primordiale della poetica schiaffiniana. Mi riferisco, ovviamente, all’ascolto. Le esperienze avute in diversi gruppi, che hanno consolidato la sua libera ed autonoma poetica musicale, sono esempi in mezzo a tante altre attività creative nelle quali ha partecipato Giancarlo Schiaffini in qualità di esecutore-compositore-improvvisatore, che hanno celebrato l’ascolto come meccanismo indispensabile alla fenomenologia del discorso musicale.
            La ricca diversità delle esperienze di Giancarlo Schiaffini rivela il segno indiscutibile di un approccio originalissimo, con cui egli ha seguito un variegato percorso formativo. Nella mia ricerca ho proposto, come categoria analitica, il bíos mousikós (βίος μουσικός) di Giancarlo Schiaffini, la sua vita musicale, che presenta come caratteristiche fondamentali, atte ad una maggiore comprensione della sua libertà artistica e politica, l’apertura e l’esercizio cosciente e intenzionale dell’ascolto.
È l’universo percettivo totale, capace di generare meccanismi utili alla poetica sonora schiaffiniana, che costituisce la meraviglia dell’ascolto, iltháuma akóuesthai (θαύμα ἀκούεσθαι)[2], che si riflette nella diversità dei suoi progetti e collaborazioni con le più svariate estetiche musicali. Il tháuma akóuesthai, come categoria di rappresentazione dell’ascolto, è l’aspetto udibile che presuppone la dinamica capacità mimetica del musicista che subisce la folgorazione sonora attraverso la sua azione come esecutore-compositore-improvvisatore. Jean-Pierre Vernant riflette su una categoria correlata trovata nella dimensione simbolica della rappresentazione figurata:

La categoria della rappresentazione figurata non è un dato immediato dello spirito umano, un fatto naturale, costante e universale. È una categoria mentale che, nella sua elaborazione, presuppone che si siano già enucleati e nettamente delineati, nei loro reciproci rapporti e nella comune contrapposizione al reale, all’essere. Questa affermazione di una piena coscienza figurativa si verifica, in particolare, nello sforzo compiuto dagli antichi Greci per riprodurre in una materia inerte, per mezzo di artifici tecnici, l’aspetto visibile di chi, da vivo, manifesta improvvisamente allo sguardo il pregio della propria bellezza - divina bellezza - in quanto thauma idesthai, mirabile da vedere.[3]

            È l’ascolto, il mirabile da sentire, meraviglia dell’ascolto nell’esperienza schiaffiniana, la categoria che muove e che folgora l’orecchio, come nel dipinto di Cesare Tacchi “Sentire”… Se dipingete, chiudete gli occhi e cantate (Pablo Picasso)[4]. Seguendo le parole di Picasso, Tacchi crea un’assoluta allegoria dell’ascolto mettendo al centro del quadro il padiglione auricolare in mezzo a uno sfondo verde. Schiaffini compie la missione dell’azione libera, della sua tripla azione come esecutore-compositore-improvvisatore, e prende l’orecchio, come in Tacchi (ut pictura), trasformandolo in riferimento centrale della sua poetica. Il suo operare indica la capacità intrinseca della musica di rendere udibile l’immaginazione creativa, come illustrato da Mikel Dufrenne che avvicina simbolicamente la pittura alla musica:

            Ainsi la musique imite-t-elle la peinture: elle est au musical ce que la peinture est au pictural. Car tout ce qui vient d’être dit de la musique pourrait l’être de la peinture, et l’est en bref dans un mot mille fois cité de Klee: <> Pareillement, la musique rend audible. Chaque art affirme énergiquement sa spécificité, et c’est en quoi ils sont semblables, en quoi, si l’on veut, la musique imite la peinture. Toutefois, cela n’autorise pas encore à penser qu’il y a de la peinture dans la musique, que la musique introduit ou admet du visible dans l’audible.[5]

            Questa spetrale apertura di Giancarlo Schiaffini all’universo musicale, lontano dallo stabilire limiti alla sua curiosità, o pregiudizi restrittivi, fa in modo che le sue esperienze musicali, dalla metà degli anni Sessanta fino ad oggi, abbiano come caratteristica principale l’eterodossia e l’ibridismo tra territori solitamente percepiti come diversi. È questa convivenza di stili che viene definita con tháuma akóuesthai (θαύμα ἀκούεσθαι), ovvero, meraviglia dell’ascolto condiviso tra diversi azioni, che sigillano un universo musicale esteticamente poliedrico, testimoniato qui da Giancarlo Schiaffini in prima persona. Per rendere leggibile le sue riflessioni sull’importanza dell’ascolto nelle sue esperienze musicali, Giancarlo Schiaffini ha preparato un saggio che serve come proposta di dialogo e che, oltre ad essere un gesto stimolante di generosità didattica, invita tutti gli amanti della musica ad un intelligente e riverberante rispecchiarsi. L’ascolto rappresenta, per la poetica musicale, il “soprano edificio del mondo” sonoro, l’Empireo della dimensione sublime della musica, lontana dalla mondanità della gloria e delle vanità banali del culto secolare della personalità e dei generi classificabili. Giancarlo Schiaffini propone al lettore un convivium all’interno della sua testimonianza, giacché tutti gli uomini desiderano sapere. La Tragicommedia dell’Ascolto è parte della sostanza della vita musicale di Giancarlo Schiaffini. Che cos’è il musicista, se non un essere capace d’agire ascoltando?


Alípio Carvalho Neto


[1] Alípio Carvalho Neto (2014). La Musica Libera di Giancarlo schiaffini, Tesi PhD, Università di Roma 2 “Tor Vergata”.
[2] Il concetto di “meraviglia”, del sostantivo neutro tháuma (θαύμα), lo si può riscontrare, per esempio, diluito nel Primo Libro della Metafisica di Aristotele, dove viene utilizzato thaumázein (θαυμάζειν), l’infinito del verbo thaumázo(θαυμάζω), per fare riferimento alla filosofia la quale nasce dalla “meraviglia”, che in realtà, sarebbe più opportuno tradurre con il lemma “spavento”, o anche “terrore”, “paura” rappresentando quel momento particolare che precede l’aprire gli occhi per la prima volta alla vita. Il termine akóuesthai (ἀκούεσθαι) è la forma infinita della voce media del verbo akóuō (ἀκούω), cioè, “ascoltare”, che si concentra sull’azione, appunto, dell’ascolto che agisce su se stesso, sfruttando la caratteristica riflessiva della voce media: “un ascoltare ascoltandosi”.
[3] Jean-Pierre Vernant (2010). L’immagine e il suo doppio: Dall’era dell’idolo all’alba dell’arte. Milano - Udine: Mimesis. pp. 67-68 
[4] Daniela Lancioni (a cura di) (2013) Anni 70 arte a Roma. Roma: Iacobelli Editore. p. 285
[5] Mikel Dufrenne (1991). L’Œil et l’Oreille. Paris: Jean-Michel Place. p. 181